Seminario
titolato TEMI SCELTI DI SACRAMENTI
DELL’INIZIAZIONE
PROFESSORE:
P. EDWARD MCNAMARA L.C
TEMA:
EUCARISTIA E CHIESA
STUDENTE:
OGUJIOFFOR Paul Ikechukwu
8
GENNAIO 2013 ROMA
Introduzione
“L’iniziazione –
come graduale e progressivo inserimento del credente in Cristo Risorto per la
partecipazione alla sua vita divina e alla sua missione di salvezza attraverso
l’inserimento nel suo corpo che è la Chiesa – ha il pieno compimento
nell’Eucaristia, alla quale Battesimo e Confermazione sono ordinati,
costituendone la preparazione indispensabile. Entrare definitivamente nel Corpo di Cristo, osserva S. Ambrogio
commentando il Salmo 22 che anticamente i neofiti cantavano nel loro cammino
verso l’altare (De Mysterii 43, SC 25
bis, 179).”[1]
Dunque, il grande teme L’Eucaristia e la
Chiesa non si può pensare teologicamente senza fare simultaneamente perché
l'Eucaristia e la Chiesa sono inseparabile. “È in riferimento a Cristo che la
Chiesa scorge la sua identità, il suo esser ecclesia,
popolo riunito per l’alleanza, ovvero è Dio, in Cristo, per mezzo della Spirito
che convoca l’assemblea comunicandole i suoi doni, la grazia, l’amore, la
comunità di vita, la pace inserendola così nel circolo unitivo-agapico della
Trinità.”[2]
Allora, questa grande teme apparvi nel studio dei Liturgia, ecclesiologia,
dogmatico e spiritualità in qui la chiesa si trova la sua santità. Considerando
questa teme, “Il senso di questa frase è molto semplice: intende solo dire che
la Chiesa è il soggetto che celebra la liturgia eucaristica (…) Nei lavori del
Vaticano II il tema era la partecipazione attiva dei fedeli, piuttosto che il
soggetto dell’azione liturgica. Infatti, si tendeva a distinguere tra la Chiesa
come comunità dei fedeli, alla quale compete la partecipazione attiva, pia e
consapevole, e il celebrante della liturgia che è il Cristo stesso, dal quale
deriva tutta l’efficacia dell’azione liturgica. Per questo la liturgia era
descritta come esercizio del sacerdozio di Cristo, nella Chiesa.”[3]
Nella articolo, “L’Eucaristia fa la
Chiesa nei riti d’ingresso”, Maurizio Barba esporre che “l’esigenza di
penetrare sempre più il significato e il valore dei riti della Messa,
rappresenta un aspetto molto importante per la crescita di una comunità
cristiana e per l’itinerario spirituale di conformazione a Cristo di ogni
persona battezzata. È attraverso la liturgia, infatti, che la Chiesa scopre la
sua identità, ed è dalla liturgia che essa attinge i criteri fondamentali del
suo agire: l’essere e il dover-essere ecclesiale trovano il ,loro humus genetico nelle celebrazioni
liturgiche, in modo particolare nella celebrazione dell’Eucaristia, che nel
vasto orizzonte liturgico assume un’importanza speciale, quale centro della
Chiesa e fonte di tutte le azioni liturgico-celebrativo…attraverso l’analisi
dei riti di ingresso, come l’assioma Eucharistia
facit Ecclesiam viene specificato nei diversi sintagmi rituali che
compongono il rito processioanle dell’Ordo
Missea (…) Nei diversi momenti dei riti d’ingresso della sinassi
eucaristica, la presenza feconda del Padre che per mezzo del suo Figlio, in
forza dello Spirito Santo edifica la comunità dei credenti perché divengano il
Corpo di Cristo.”[4]
In questo maniera, “c’è tra eucaristia e Chiesa una specie di reciproca
casualità e di mutua immanenza: l’eucaristia nasce dalla Chiesa e la Chiesa
nasce dall’eucaristia; nell’eucaristia vive già in mysterio tutta la Chiesa, nella Chiesa ogni vitalità scaturisce
dall’eucaristia.”[5] Questa vuol dire che “il mistero, che è la
Chiesa, raggiunge la sua densità massima nell’eucarestia. In essa la Chiesa si
manifesta come il popolo radunato di Dio nel suo pellegrinaggio attraverso il
tempo e il cui viatico è costituito da Cristo stesso. Nel convito della cena la
Chiesa realizza nel modo più profondo la sua essenza di corpo universale e
sacramentale di Cristo, in essa avviene la perfetta integrazione del Christus individualis nel Christus totalis, si attua la
manifestazione spazio-temporale del Cristo glorioso. Pertanto è proprio in
questo sacramento che viene in chiaro il permanente innesto della Chiesa in
Cristo. In esso questi realizza nella misura più abbondante la sua persona
nella comunità radunata.(…) La presenza
sostanziale del corpo e del suo sangue costituisce la proprietà
dell’eucarestia, che la renda il vertice dei sacramenti. Naturalmente essa
continua a denunciare il carattere di provvisorietà proprio del periodo della
storia della salvezza nel quale noi viviamo; continua ad essere celebrata fino a quando egli ritornerà
(1Cor.11,26). L’eucarestia ci arreca il Signore, ma non nella sua gloria, bensì
nel suo nascondimento neo simbolo. In tal modo essa rivela la coesistenza del
già e del ‘non-ancora’. Nel l’eucarestia si riflette altresì il carattere
gerarchico fondamentale della Chiesa, il rapporto che intercede tra Cristo e la
Chiesa si configura nel rapporto tra il sacerdote e il popolo. Anche duplice
carattere della Chiesa, come strumento e come comunità di salvezza, risplende
nell’eucarestia. Questi pochi accenni per ora possono bastare, sono sufficienti
a darci come realtà l’eucarestia sia un mistero centrale.”[6]
Possiamo dire che, “i due testi conciliari rievocano incisivamente la straordinario
ricchezza di grazia contenuta nell’eucaristia, sacramento per eccellenza del
mistero pasquale, da cui nasce e trae vita la Chiesa, e che, perciò, viene
giustamente designata come <<fonte e culmine di tutta la vita
cristiana>>. Culmen e fons sono
i due termini chiave utilizzati nei documenti conciliari per delineare il senso
– e la centralità – dei rapporto tra liturgia e la Chiesa, e, corollatamente,
tra l’eucaristia e la Chiesa.”[7]
I.
L’assemblea
celebrante e l’eucaristia
La Chiesa è un
mistero, cioè, in altri termini, un sacramento. Essendo il <<punto di
incontro d tutti i sacramenti cristiani>>, è essa stessa il grande
sacramento, che contiene e vivifica tutti gli altri. Essa è sulla terra il
sacramento di Gesù Cristo stesso è per noi, nella sua umanità, il sacramento di
Dio. Ogni realtà sacramentale, <<vincolo sensibile di due mondi>>,
presenta una duplice caratteristica. Da una parte, essendo segno di un’altra
realtà, la prima deve essere non solo parzialmente, ma totalmente trascesa.[8] La
prima preoccupazione del concilio Vaticano II, nell’ area pastorale liturgica,
è stata per i fedeli, per questo riflettendo sull’assemblea celebrante come
l’chiesa Enrico Mazzo dice, “la riflessione teologica ha colto bene il senso di
partecipazione attiva, e ha messo in luce la dimensione teologica soggiacente:
la partecipazione attiva dell’assemblea è necessaria perché, nella liturgia,
l’assemblea è il soggetto celebrante (…) nella preghiera eucaristica c’è il
momento dell’anamnesi, in cui la messa si autodefinisce con il testo stesso
della celebrazione: Noi tuoi ministri e
il tuo popolo santo, ottima tradizione del testo latino: Nos servi tuised et plebs tua sancta. I
ministri e il popolo santo costituiscono un solo Noi, un solo soggetto celebrante: Noi, la Chiesa. Questa consapevolezza di unità, ben chiara a
livello liturgico, non è altrettanto chiara e rispettata nella media delle
nostre comunità. Nel Canone romano-
vero modello di ecclesiologia – il Noi,
indica il soggetto unitario dell’intera celebrazione, vista in tutte le sue
patri: rendere grazie, far memoria, offrire, supplicare, ricordarsi, e dare
onore e gloria. Nell’eucaristia, non una delle azioni descritte nel rito
anaforico viene attribuita in proprio al sacerdos
celebrante. Tutta la celebrazione ha un soggetto unico: Nos. Nella epoca patristica, epoca della formazione delle
preghiera eucaristiche, l’obbedienza al mandato di Cristo. Fate questo in memoria di me. Pertanto, tutti i verbi che indicano
un’azione che si compie durante l’eucaristia, hanno un unico soggetto: il Noi dell’intera Chiesa, vista come
assemblea celebrante. Dire assemblea
non significa dire laici in
opposizione a clero dato che anche il
presidente è anch’egli membro dell’assemblea. L’assemblea è presieduta dal suo
interno. Senza l’attiva presidenziale del sacerdote, non avremmo nemmeno
l’assemblea, quindi egli non solo è membro, ma è membro essenziale (…) Nel
porre la Chiesa come soggetto celebrante, non c’è nulla di innovativo. È
dottrina di sempre. Innovativo, estranea all’ tradizione della Chiesa, è la
dottrina che solo il sacerdote che presiede la liturgia è celebrante (…) Da parte mia vorrei solo aggiungere che il presiedere non è il venire presieduti: se la Chiesa è il luogo dove sboccia lo
Spirito Santo, solo un particolare dono dello Spirito consentirà la presidenza
dell’assemblea, dono che si subito
collegato con imposizione delle mani.”[9]
Riguarda alla i riti d’ingresso, “Sono due finalità intrinseche e complementari
dal momento che non c’è Chiesa senza Eucaristia e non c’è Eucaristia senza
Chiesa, pertanto l’adagio assiomatico Eucharistia
facit Ecclesiam et Ecclesiam facit Eucharistiam è co- estensibile e
modulabile con l’assioma Liturgia facit
Eccelisiam et Ecclesiam facit Liturgiam. Da ciò ne consegue che senza la
liturgia la Chiesa sarebbe un semplice agglomerato di persone e la liturgia
senza Chiesa si ridurrebbe a sterile cerimonialismo, ovvero senza la Chiesa
celebra e senza la celebrazione nella e con la Chiesa, il Padre celeste sarebbe
lontano, il Cristo apparterrebbe al passato, lo Spirito sarebbe mortificato nel
suo agire, il vangelo sarebbe lettera morta. I riti di introduzione, in altri
termini, mettono in rilievo che l’assemblea ecclesiale è il soggetto celebrante
dell’Eucaristia (…) Non ogni gruppo di persone che si raduna forma un’assemblea
celebrante, ci si può ritrovare gomito a gemito e non costituire per niente una
vera assemblea: essa si realizza quando all’atto di radunarsi segue l’avere un
legame comune, la fusione degli spiriti, l’armonia degli intenti, ossia ciò che
gli Atti definiscono cor unum et anima
una (At.4,32), infatti solo da un’assemblea che ha consapevolezza di essere
comunità, unita da vincoli di comunione, può derivare una celebrazione degna e
autentica; la celebrazione è la più alta autorealizzazione della Chiesa e la
sua manifestazione più chiara, dal momento che frutto della celebrazione è
l’edificazione della Chiesa in popolo di Dio, corpo di Cristo, tempio dello
Spirito. In tale senso si veda come i riti d’ingresso propongono alla comunità
radunata le linee guida per la realizzazione dell’unità comunionale tra i suoi
membri, in vista della sua trasfigurazione in corpo mistico di Cristo. Infatti
nella celebrazione della Eucaristia, Dio chiama e raduna il suo popolo per
celebrare il mistero del suo essere
Chiesa, per a questo tendono riti di introduzione della Messa: costituire i
cristiani riuniti in assemblea ecclesiale quale autentica manifestazione del
mistero della Chiesa come corpo-sposa che si prepara a celebrare la memoria dl
suo capo-sposo.”[10]
Riflettendo sul Eucaristia, Chiesa e mondo, Giacomo
Biffi propone che: “l’Eucaristia ci illuminerà sull’intima costituzione e sulla
vita della Chiesa; e la Chiesa, capita nella verità del suo mistero, ci darà
qualche opportuna notizia sullo stato del mondo, sui suoi valori, sui suoi
mali, sulle sue necessità.”[11]
Per questo, “già l’analisi delle prime testimonianze cristiane ci insegna che
l’Eucaristia è rito proprio, esclusivo, caratterizzante della comunità
cristiana: dove c’è Chiesa, lì non mancare l’Eucaristia; dove non c’è Chiesa,
lì non ci può essere Eucaristia. C’ è dunque tra queste due entità un rapporta
strettissimo, che possiamo tentare di cogliere con approfondimenti successive.
Notiamo in primo luogo una specie di reciproca causalità. L’Eucaristia è atto
tipicamente ecclesiale: non è posto in essere dall’iniziativa individuale o di
gruppo, m nasce dalla Chiesa, e dalla Chiesa la sua celebrazione è regolata e
autenticata. La Chiesa poi è, con Cristo, protagonista dell’azione eucaristica:
in essa noi che siamo Chiesa con Cristo offriamo al Padre la vittima pura,
santa e immacolata (cf. Preghiera
eucaristica 1 ), sicché nella messa colui che è immolato per la nostra
redenzione diventa anche l’offerta della Chiesa di Dio (cf. Preghiera eucaristica IV).”[12]
Dunque, “questo dato ci a notare ce prima ancora i fare l’Eucaristia è
necessario fare Chiesa e come questo radunarsi insieme per far memoria del
Signore ha già in se stesso un valore di atto liturgico: non si può giungere al
corpo ecclesiale, non si può realizzare l’unione con Cristo senza alcun
rapporto con la Chiesa, ossia si può fare Eucaristia solo dove esiste
un’assemblea legittimamente radunata e al contempo non si può non costruire il
corpo della Chiesa dove si celebra e si riceve il Corpo di Cristo (…)
L’assemblea liturgica, dunque, costituisce il primo e indispensabile elemento
affinché possa darsi una celebrazione, l’atto fondamentale dell’azione
liturgica, in quanto componendosi in assemblea celebrante la Chiesa manifesta
ciò che è: popolo convocato da Dio, generato dalla sua Parola e luogo in cui si
compie l’alleanza.”[13]
“La Chiesa, dunque, non è frutto dell’accostamento di persone e la sua unità
non è psicologica, ma pneumatica, ovvero la copulazione ecclesiale non è il risultato del fraterno stare
insieme, ma è frutto dello Spirito, infatti per
ogni assemblea liturgica è lo Spirito Santo che precede l’azione del
congregarsi in unità, facendo leva sulla speranza. Egli sospinge all’assemblea
e, in questa, infonde la fede nei cuori dei fedeli e con la carità mette ordine
nei rapporto tra i fedeli e provoca l’unione tra questi (…) La Chiesa e
quindi l’assemblea viene a configurarsi come locus ubi floret Spiritus, dunque Spiritus Sancto congregata, dal momento che la celebrazione
liturgica è una sinergia dello Spirito e della Chiesa inseparabilmente
congiunte, per cui coloro che non vogliano essere nell’unità e non possiedono
quindi lo Spirito che abita il Corpo di Cristo, non possono avere il
Sacrificio, in tal mondo dalla comunionalità dei membri deriva la comunità
ecclesiale, ma anche dalla comunità ecclesiale segue la comunionalità dei
membri. Se così non fosse si alienerebbero, nell’uno o nell’’altro caso,
l’azione e l’intervento dello Spirito.”[14]
Il significato
di questo adagio, ormai invalso, è molto importante perché ci porta a
ricuperare un dato che era stato dimenticato: il frutto dell’eucaristia è
l’unità della Chiesa. Propriamente parlando non possiamo dire che è
l’eucaristia a fare la Chiesa, perché la Chiesa si costituisce con il battesimo
e con la fede in Cristo. Tuttavia, in senso più ampio, l’adagio può essere
accettato perché il battesimo fonda l’unita della Chiesa, e l’eucaristia
restituisce questa dimensione battesimale alla comunità che celebra. Infatti,
la Chiesa è uno è il corpo di Cristo
in cui si è incorporati con il battesimo e di cui si partecipa con
l’eucaristia. Perché la Chiesa è corpo di
Cristo? Perché i cristiani, per il battesimo e per la vita quotidiana,
vivono della vita stessa di Cristo. Quando essi sono uniti nella vita in
Cristo, formano un solo corpo. Il corpo
di Cristo attributo della Chiesa, non è più soltanto un dato sociologico o
una immagine letteraria, ma una realtà
dotata di un preciso spessore ontologico: nella Chiesa si attua il mistero del corpo di Cristo. Il
rapporto tra Chiesa, corpo di Cristo e unità della Chiesa già presente in
Paolo:Il calice della benedizione che noi
benediciamo, non è forse comunione del sangue di Cristo? E il pane che noi
spezziamo, non è forse comunione del corpo di Cristo? Poiché c’è un solo pane,
noi – i molti – siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane
1Cor.10,16-17). Il partecipare al pane mette i fedeli in comunione con il corpo
di Cristo; e fedeli diventano un solo corpo. Qui è già presente la teologia
dell’efficacia sacramentale. Il sacramento fa diventare i fedeli ciò che esso
è. Il pane è comunione del corpo di Cristo? E allora i fedeli, che ne
partecipano, diventano corpo di Cristo. Il pane è uno? E allora i fedeli, che
ne partecipano, diventano uno.(il
carattere ontologica della Chiesa ). È a causa dell’efficacia sacramentale
che l’eucaristia viene definita sacramento dell’unità della Chiesa. In Paolo,
il frutto dell’eucaristia è non tanto l’unità escatologica della Chiesa, nel
regno di Dio, ma l’unità storica di ogni comunità. Più che dono escatologico
atteso da Dio alla fine dei tempi, l’unità diventa un impegno storico che ogni
Chiesa deve perseguire per poter essere coerente con la liturgia eucaristica
che essa celebra, anzi ben di più: per non rendere vana la partecipazione al
corpo di Cristo.”[15]
“Il Papa ne offre una, con l’autorevolezza del suo magistero sulla Cattedra di
Pietro, che serve di chiave di lettera dei riferimenti valore sacrificale
dell’Eucaristia presenti nel § 4: <<Tutti coloro che partecipano con fede
all’Eucaristia si rendono conto che essa è sacrificum,
cioè un offerta consacrata. Infatti
il pane e il vino, presenti all’altare e accompagnati dalla devozione e dai
sacrifici spirituali dei partecipanti, sono finalmente consacrati, sì che
diventano veramente, realmente e
sostanzialmente il corpo dato e il sangue sparso di Cristo stesso. Così, in
virtù della consacrazione, le specie del pane e del vino, ripresentano, in modo
sacramentale e incruento, il sacrificio cruento propiziatorio offerto da lui in
croce al Padre per la salvezza del mondo>> (DC 9/6). L’apice della
partecipazione al sacrificio eucaristico si ha poi nella comunione:
<<Questa chiamata del Signore, a noi rivolta mediante il suo sacrificio,
apre i cuori, affinché – purificati nel mistero della nostra redenzione – si
uniscono a lui nella comunione eucaristica, che conferisce alla partecipazione
della messa un valore maturo, pieno, impegnativo dell’umana esistenza>>
(DC 9/7). Questi due temi – indirizzo trinitario - cristologico del culto
eucaristico e valore sacrificale dell’Eucaristia – fondano e illuminano il
discorso che viene svolto nel § 4 su <<Eucaristia e Chiesa>>, la
cui adeguata comprensione richiede di collocarlo sempre in quella luce.”[16]
Riguarda la
processione d’ingresso, “Quando il popolo si è costituito in assemblea, la
celebrazione ha inizio con la processione d’ingresso e il canto che
l’accompagna: il sacerdote, accompagnato da coloro che durante l’Eucaristia
svolgono funzioni particolari, si reca all’altare. Tale elemento non verbale è
manifestavo della presenza del Signore, per mezzo del suo ministro, in mezzo al
suo popolo che lo celebra e quindi dell’unione del corpo mistico fra Capo e
Corpo, infatti come l’ingresso del sacerdote così l’antifona che l’accompagna
[significa] la venuta del Figlio di Dio in questo mondo, ovvero il sacerdote
procede nei sacri ornamenti; Cristo esce come sposo dalla stanza nuziale, dal
grembo della Vergine, rivestito di gloria e di splendore. Attraverso questo
rito processionale dell’ingresso celebriamo la venuta di Cristo nella sua
Chiesa, cioè l’evento della sua incarnazione di cui il rito è tipo e figura.”[17]
“L’Eucaristia, poi, richiama la croce in quanto è memoriale del sacrificio di
Cristo, per cui la coesione fraterna prodotta dall’Eucaristia non è altro che
quel patto d’amore, l’alleanza tra Cristo e il suo popolo e tra i membri di
questo, in virtù dell’azione unificatrice della morte di Cristo in croce: quando sarò elevato da terra, attirerò tutti
a me Gv.12,32 e dal momento che l’alleanza è sempre un atto che genera
vincolo e legami profondi, diventa, per cos’ dire, ecclesiogena.”[18]
“L’asserto che l’eucaristia fa la Chiesa,
può essere capito solo tenendo presente il modo paolini di concepire la
teologia sacramentaria: l’efficacia del sacramento sta nel riprodurre se stesso
nei fedeli che si nutrono del pane eucaristico. I fedeli, pertanto, diventano
corpo di Cristo e sono riuniti in unità, perché il pane è corpo di Cristo
perché il pane è uno.”[19]
“Paolo lega l’unità della Chiesa alla partecipazione all’unico pane (…) Da
Giovanni nasce una conseguenza precisa, che è ancora in ombra in Paolo:
l’eucaristia è il sacramento di unità perché è il sacramento della croce di
cristo. Se questa è già avvenuta, anche il raduno e l’unità debbono appartenere
al già avvenuto. Se si fa memoria
della croce di Cristo si fa memoria anche del raduno che ne consegue. Esso già
esiste, preparato, e ha il suo archetipo nel rapporto di unità che lega il
Padre e il Figlio (Gv.17,21). Ne segue che l’eucaristia, sacramento di unità
perché sacramento della morte di Cristo, impegna la Chiesa nel cammino storico
del raduno e dell’unità; ne segue anche che la violenza dell’unità colpisce
l’opera stessa della redenzione.”[20]
II.
La
Messa come Sacramento del sacrificio pasquale della Chiesa
Cipriano
Vagaggini scrive che, “La Messa è il sacramento del sacrificio pasquale non
solo di Cristo, ma anche della Chiesa. Questo avviene in quanto la Chiesa
accetta coscientemente, ratifica da parte sua e fa suo il sacrificio che Cristo
fa di se stesso e di noi al Padre, quando si offre a sua totale disposizione
anche come Capo della umanità e del cosmo, e perciò offre insieme a lui tutta
l’umanità, anzi tutto il cosmo, di cui è Capo responsabile.”[21]
Dunque, “ma la tempo stesso va detto con forza che la Chiesa nasce
dall’Eucaristia, e dal mistero eucaristico è tenuta in essere, è custodita
nella verità e nella grazia, è dilatata e resa feconda. In virtù di questo
rito, anche la Chiesa diventa, unitamente a Cristo, sacrificio perenne a Dio
gradito (cf. Preghiera eucaristica IV),
e adeguandosi a questo arcano stato di oblazione invera nel mondo più compito
la sua intima natura di Sposa e di corpo
di Cristo. Di più, si istituisce come una sorta di mutua immanenza:
nell’Eucaristia vive già in mysterio
(cioè sacramentalmente) tutta la Chiesa, e nella Chiesa ogni vitalità
scaturisce dall’Eucaristia.”[22]
Diciamo che “Eucaristia e Chiesa costituiscono un binomio inscindibile: l’una
non può esistere senza l’altra; anzi, l’una realizza il proprio senso ultimo,
sacramentale e salvifico, mediante l’altra. Se non può esistere la Chiesa senza
l’Eucaristia, così pure è impensabile la celebrazione dell’Eucaristia senza la
Chiesa o fuori di essa. Infatti, è
l’Chiesa che fa l’Eucaristia, ma è anche l’Eucaristia che fa la Chiesa.
Perciò la Chiesa e l’Eucaristia si fanno,
ogni giorno, l’una mediante l’altra: l’idea della Chiesa e l’Eucaristia si
devono promuovere e approfondire in modo eguale l’una per mezzo dell’altra.
Entrambe, Eucaristia e Chiesa, scaturiscono dalla Pasqua di Gesù, sono il dono
supremo della sua donazione d’amore al Padre e della sua oblazione sacrificale
per la salvezza di tutta l’umanità. Ora, se la Chiesa è il sacramento
universale di salvezza (Lumen Gentium,
n.1), è altrettanto vero che essa attinge la sua forza e la sua vitalità
soprattutto dall’Eucaristia, la quale non è uno fra i tanti misteri, ma è il mistero della fede.”[23]
Oltre, “L’Eucaristia non solo è il termometro della vitalità di una comunità
ecclesiale, ma essa è anche la scuola
insostituibile per la formazione permanente del popolo di Dio all’ascolto della
Parola, alla crescita della comprensione del mistero di Dio rivelato in Cristo,
come anche per il suo impegno storico in prospettiva sociale (…)
Essenzialmente, l’Eucaristia è memoria
efficace della Pasqua di Gesù Cristo. Essa è il sacrificio della croce [nel quale] si rinnova (exercetur = si
riattualizza) l’opera della nostra salvezza. E insieme, col sacramento del pane
eucaristico, viene rappresentata e prodotta l’unità dei fedeli, che
costituiscono un solo corpo in Cristo (cf. 1or.10,17). Quindi
nell’Eucaristia viene manifestato e vissuto il mistero di Cristo e la natura
profonda della Chiesa.”[24]
“Ora, l’Eucaristia è il sacramento
pasquale, di valore escatologico. Si può dire allora che la teologia dell’Eucaristia è una teleologia,
un discorso a partire dalla fine, cioè dalla
pienezza, qual è appunto il mistero della morte e della risurrezione di
Gesù. Esso è l’eschaton che illumina
tutto ciò che lo precede e lo segue. Questo fa sì che la Chiesa sia veramente eucaristica, poiché essa è il corpo di Cristo e corpo del Cristo pasquale, per la
salvezza del mondo. Come l’Eucaristia, anche la Chiesa viene dal Cristo pasquale, va verso di lui, è intelligibile a partire
da colui di cui è il sacramento. In una parola, il punto di partenza della
riflessione teologica sull’Eucaristia è tutto incentrato nel mistero pasquale
di Cristo e solo in questa luce l’intelligenza umana può trovare risposta ai
suoi molteplici interrogativi: La chiave
di comprensione è dentro casa, la porta si apre dall’interno, per
illuminare con la pienezza e con la totalità del mistero pasquale anche le
realtà terrestri significate dall’Eucaristia. In tale senso resta ulteriormente
confermato che l’Eucaristia, mistero della fede, non solo si celebra, ma anche
può essere compresa solo nella Chiesa.”[25]
Per questo, “la redenzione degli uomini costituisce la loro salvezza, e l’unità
dei credenti nell’unico corpo di Cristo che è la Chiesa è la rappresentazione visibile
di tale destinazione alla vita eterna nella profonda confermazione al Redentore
nel mistero della sua incarnazione. Il dramma della redenzione vissuto e
operato nella passione, morte e risurrezione di Cristo attualizzato nel corpo
mistico di Cristo che è la Chiesa, originata dalla redenzione e ci pone in
presenza del Cristo totale, corpo mistico.”[26]
“Infatti il culto eucaristico si rivolge al Figlio incarnato
<<soprattutto in quel momento di suprema dedizione e di abbandono totale di se stesso (…) Tuttavia è
l’annientamento volontario, gradito dal Padre e glorificato con la
risurrezione, che, sacramentalmente celebrato insieme con la risurrezione, ci
porta all’adorazione di quel Redentore fattosi
obbediente fino alla morte e all’ morte di croce (Fil.2,8)>> (DC
3/2). La nostra adorazione <<è anche una rispoosta che vuol ripagare
quell’amore immolato fino alla morte di croce: è la nostra eucaristia, cioè il nostro rendergli grazie, il lodarlo per averci
redenti con la sua morte e resi partecipi della vita immortale per mezzo della
sua risurrezione>> (DC 3/3). La celebrazione sacramentale
dell’annientamento volontario di Cristo e della sua risurrezione è sacrifico.
Questo tema è l’altro principale polo di riferimento del § 4, oggetto del
nostro studio. Esso viene svolto nel §
9, che comincia con la seguente affermazione, espressa con un certo tono di
solennità:<<L’Eucaristia è soprattutto un sacrificio: sacrificio della
redenzione e, al tempo stesso, sacrificio della nuova alleanza>> (DC
9/1). La sua identità col sacrificio della croce viene asserita con parole
prese da un sinodo costantinopolitano, celebrato pochi anni prima della
deplorata rottura della comunione tra Oriente e Occidente: <<Il sacrifico
odierno (…) è come quello che un giorno offrì l’unigenito incarnato, essendo
l’identico e unico sacrificio>> (DC9/1).”[27]
Dunque, “il can.897, dopo aver presentato l’Eucaristia nella totalità del
mister, ossia come l’augustissimo sacramento di Cristo Signore, presente,
offerto e assunto, aggiunge che mediante la santissima Eucaristia continuamente vive e cresce la Chiesa e si compie l’edificazione del Corpo di Cristo
nel tempo e nello spazio, sottolineando così il rapporto vitale e inscindibile
tra l’Eucaristia e la Chiesa. L’Eucaristia e la Chiesa, infatti, sono i segni
efficaci, benchè diversi, di un’unica e identica realtà, il Corpo di Cristo: Conficitur unum corpus quod est Christus et
Ecclesia. (…) L’Eucaristia è il corpo sacamentale di Cristo e la Chiesa il
suo corpo mistico. L’una e l’altra sono realmente l’unico corpo di Cristo, verum corpus natum de Maria Virgine, vere
passum, immolatum in Cruce pro homine, risorto è asceso al cielo.”[28]
Oltre, “È la Chiesa infatti, che celebra l’Eucaristia in forza del mandato del
Signore: Fate questo in memoria di me (Lc.22,19). Ma è l’Eucaristia ch
trasforma la moltitudine dei fedeli nel Corpo e il Sangue del Signore per
l’invocazione dello Spirito Santo. Ma lo stesso Spirito è invocato perche per
la comunione al Corpo e al Sangue di Cisto ci riunisca in un solo corpo (Preghiera Eucaristica II) e noi
diventiamo un solo corpo e un solo spirito (Preghiera
Eucaristica III). L’Eucaristia non solo edifica la Chiesa come corpo di
Cristo ma continuamente la nutre e la fa cresecere, precisa il can. 897. È il
pane della vita. (Gv.6,26) È nell’Eucaristia infatti chiesa realizza la
promessa del Signore: Io sono venuto
perché abbiano la vita in abbondanza. (Gv.10,10) Colui che mangia di me vivra per me. (Gv.6,57) Nella Santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa,
cioè lo stesso Cristo nostra Pasqua e pane vivo, che mediante la sua carne
vivificate dallo Spirito Santo e vivificante, dà la vita agli uomini (PO 5)”.[29]
Presentare l’Eucaristia come <<forma>> di vita della Chiesa
significa riconoscere al Memoriale della Pasqua di Cristo una forza
<<plasmatrice>> capace cioè di modellare la vita dell’uomo secondo
un modello, un’impronta, una figura, che è Cristo stesso visto nel supremo
suggello della sua esistenza, cioè nella Pasqua. La Chiesa è appunto la
comunità di coloro i quali lasciano che sia l’Eucaristia a dare forma,
consistenza, ritmo, dinamismo interiore ai procedimenti della loro vita
personale, ai rapporti comunitari, ai progetti sociali, alle iniziative di
riforma delle strutture della convivenza umana.[30]
III.
Ecclesialità
dell’eucaristia
Nel suo ricerca
sul Eucaristia, Chiesa e disegno
pastorale, Mons Giacomo Bifi proporre che “L’analisi delle fonti ci insegna
che l’eucaristia è rito proprio, esclusivo, caratterizzante della comunità
cristiana: dove c’è la Chiesa, lì non può mancare l’eucaristia; dove non c’è
Chiesa, lì non ci può essere l’eucaristia. Ogni vera eucaristia non è mai
dunque un fatto privato, quale che
sia il numero dei partecipanti; ma è sempre un fatto ecclesiale. Il che significa: che deve nascere da Cristo,
attraverso la nostra connessione con lui attuata mediante l’inserimento nel suo
corpo che è la Chiesa; che deve potersi dire atto non di un raggruppamento ma
della Chiesa cattolica, che è sempre indivisibile e totale presente in ogni legittima
congregazione di credenti (...) Più profondamente, l’ecclesialità
dell’eucaristia si avvera nel fatto che tutta la Chiesa cattolica è - con
Cristo, in Cristo, subordinatamente a Cristo – soggetto e oggetto dell’azione
sacrificale. In altre parole, se sul Calvario solo Gesù era il sacerdote e la
vittima, nello stesso sacrificio ripresentato misteriosamente nella messa anche
la Chiesa con Cristo offre, anche la Chiesa con Cristo è offerta.”[31]
“La Chiesa offre il sacrificio prendendo coscienza di questo fatto, accettando
con gioia e così offrendo Cristo vittima al Padre ed offrendo se stessa insieme
a Cristo in unione all’offerta che Cristo fa di se stesso e di noi e in
continuazione di quella che fece sul Golgota e in tutta la sua vita.”[32] Possiamo dire che “tra i sacramenti,
l’eucaristia significa e produce in maniera e misura eminenti una reale
apertura della vita umana all’amore interpersonale e universale di cui Cristo,
con la morte in croce e la risurrezione, ha affermato a causato la possibilità
concreta. Essa attua le sue potenzialità nel fatto di essere celebrata e
vissuta come il sacramento che raduna, santifica e plasma la chiesa, facendo
così dei credenti gli elementi originali di una comunità che ingloba e
trascende i singoli comunicanti. Nello sviluppo di queste premesse di fondo, si
cercherà di considerare l’eucaristia quale fattore essenziale dell’unità e
santità di ogni comunità ecclesiale e della chiesa intera.”[33]
“L’eucaristia promuove la chiesa e la abilita a riparare le lacerazioni che si
creano nei rapporti tra gli uomini e tra questi e Dio. La comunione visibile,
intesa come il risultato mai definitivo di questo instancabile lavorio, è
perciò via sacramentale (divino-umana)
alla salvezza, suo segno realizzato, ma soprattutto strumento di progressi
ulteriori. Il centro cristologico, continuamente attuato nella celebrazione
eucaristica, è dunque garanzia oggettiva dell’unità e santità della chiesa,
perché, mentre sta a testimoniare la sollecitudine del Signore per le sue
creature, è anche espressione del gesto sacrificale con cui l chiesa offre se
stessa al Padre per la pacificazione del mondo.”[34]
Allora, “emerge e si staglia la linea dell’efficacia del sacramento
dell’Eucaristia, che partendo da Gesù Cristo (presenza storica) va
all’Eucaristia (presenza sacramentale) che genera la Chiesa. È la linea
proposta nell’enciclica tranquillamente, cioè senza tecnicismi e senza
infeudarsi in posizioni di scuola, come si addice al Magistero.”[35]
Antonio Miralles ha scrisse, “Il § 4 ha come titolo <<Eucaristia e
Chiesa>> ed è inserito nella prima parte. Il suo collegamento con gli
altri temi della lettera non è espresso, ma lo deve scoprire il lettore
attento. Il paragarafo immediatamente anteriore tratta del culto eucaristico,
inteso in tutta la sua ampiezza, come il Papa ha chiarito poco prima, e cioè
<<sia nella celebrazione della messa sia verso il santissimo Sacramento
(DC 2/4). Ciò che è messo più in risalto è l’indirizzo trinitario -
<<Tale culto è diretto verso Dio Padre per Gesù Cristo nello Spirito Santo>>
(DC 3/1) -, e dentro di esso specialmente l’indirizzo cristologico.[36]
In questa domanda, in che modo la celebrazione del’Eucaristia realizza la
Chiesa, possiamo dire che “la nota
riporta dapprima le testimonianze dei padri e poi le opinioni dei diversi
teologici, al cui centro si trova a formula di Sant’Agostino che può essere
tradotta: Si sola Ecclesia facit
Eucharistiam, verum est etaim quod Eucharistia facit Ecclesiam – Se è vero,
che la Chiesa fa l’Eucaristia, è vero anche che l’Eucaristia fa la Chiesa. In
altri termini, dove si celebra l?Eucaristia la Chiesa continuamente vive e
cresce. In conseguenza si può sostenere che il Corpus Ecclesiarum, alla luce del secondo schema, viene costituito
dalle Chiese locali nelle quali si radunano i fedeli per la celebrazione
dell’Eucaristia che è la causa efficiente della loro esistenza, del loro
carattere ecclesiale e della loro comunione.”[37]
Oltre, “La Chiesa, che è nata da quest’amore, vive di esso e lo rende presente
celebrando l’Eucaristia. Il rapporto reciproco e dinamico tra la Chiesa e
l’Eucaristia fa crescere la Chiesa, il corpo di Cristo. I fedeli che
partecipano al banchetto eucaristico sentono che sono l’oggetto dell’amore di
Dio. L’amore diventa per loro il principio fondamentale della vita e la norma
concreta che gode di assoluta priorità nell’attività cristiana, secondo il
nuovo comandamento che hanno ricevuto da Gesù Cristo: Figlioli, (…) Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli
altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri (Gv.
13, 34). Grazie alla compenetrazione profonda tra l’amore e la vita emergono
contemporaneamente le due dimensioni della fede cristiana: la dimensione
verticale, cioè il rapporto di comunione tra Dio e l’uomo e la dimensione
orizzontale, cioè il rapporto di comunione tra gli uomini in Dio. ”[38]
“Parlando dell’Eucaristia,il Concilio afferma ch’essa è <<il culmine
verso cui tende l’azione della Chiesa e nello stesso tempo, la fonte da cui
promana tutta la sua forza>> (SC,
n.10); è <<la fonte e il culmine di tutta la vita cristiana>> (LG, n.11); è <<fonte e culmine di
tutta l’evangelizzazione>> (PO
, n. 58). Usando le immagine di fonte (fons)
e di culmine (clumen), il Concilio
vuol dire che, nella vita e nella missione della Chiesa, tutto viene dall’Eucaristia
e tutto porta all’Eucaristia e in essa trova la sua perfezione; è il centro da cui tutto parte e a cui tutto
ritorna.”[39]
“E anche per questa via il credente è condotto a superare l’angustia del
proprio hic et nunc, che pure è
ambito benedetto dalla presenza di Gesù Cristo, per respirare con i ritmi della
Chiesa, per vivere l’attesa della venuta del Signore nella lunghezza e nella
larghezza delle prospettive della missione (cf. Atti 1,7) e della pazienza di
Dio (cf. 2Pt. 3,9). Al centro della comunità cristiana e della sua missione sta
sempre il <<pastore supremo>> (cf. 1Pt.5,4), la cui visione delle
cose e il cui amore vanno al di là non solo di quelli delle sue pecore ma anche
di quelli dei ministri della sua sollecitudine pastorale. Nel cuor della Chiesa
l’eucaristia è sacramento di questo pastore e della sua disponibilità e premura
suprema per noi, definitivamente attuata e attuale.”[40]
Dunque, “il Concilio Vaticano ha luminosamente affermato e illustrato il
rapporto tra Eucaristia e Chiesa, soprattutto nella rievocazione
dell’insegnamento di S. Tommaso: <<In
Sanctissima Eucharistia totum bonum
spirituale Ecclesiale continetur>> P.O, n.5; cf. S. Th.,
III, q. 65, a. 3; q. 79, a. 1e ad 1. Da questo sommo bene la Chiesa riceve il
suo perfezionamento <<Ecclesiam
perficit>> Ad Gentes, n. 29,
inquanto i fedeli vengono pienamente inseriti nel Corpo Mistico: <<plene
per receptionem Corpori Christi inseruntur P.O, n. 5; cf. Lumen, n. 7>>.”[41]
Conclusione
Abbiamo visto
che l’eucaristia è sacramento dell’unita della Chiesa, a partire dalla teologia
paolina. Con a teologia di Giovanni abbiamo aggiunto che l’unità è un teme di
redenzione: l’unità nasce dalla croce di Cristo. Per la Chiesa, dunque, che si
nutre dell’eucaristia, il frutto sacramentale dell’unità coincide con il frutto
della redenzione (…) L’eucaristia fa la
Chiesa come corpo di Cristo e come unità, un’unità che è redenzione.
L’unità, nella sua dimensione storica, non è altro che il modo visibile con cui
si manifesta la redenzione nella Chiesa, la redenzione in mysterio. L’unità della Chiesa, nella sua dimensione storica, è
qualcosa di visibile, di verificabile e di controllabile. Poiché l’unità è il
frutto dell’eucaristia, tutte le nostre comunità hanno il modo di controllare
la bontà e la fruttuosità della loro celebrazione eucaristica, prendendo in
esame l’unità della loro Chiesa (…) Ogni domenica la Chiesa celebra
l’eucaristia, sacramento dell’unità del corpo di Cristo, e ogni domenica i
fedeli celebrano la loro appartenenza alla Chiesa o, meglio, al corpo di Cristo
che è la Chiesa. Ci vuole un grande impegno pastorale per riuscire a celebrare
l’eucaristia come sacramento dell’unità e, pertanto, è un dato irrinunciabile.
Se porta a questo livello la celebrazione eucaristica, la Chiesa dà al mondo il
suo contributo: con la sua testimonianza vissuta nel sacramento e nella vita,
essa apre un cammino di unità per tutti gli uomini.[42]
“In forza dello Spirito Santo che è eziologia della costituzione assembleare,
coesivo della compagine ecclesiale, i fedeli prendono sempre più coscienza del
loro essere Chiesa e del loro essere celebranti, ovvero l’assemblea, nel azione
liturgica, si manifesta come realtà ecclesiale e come soggetto celebrante. Se è
vero che l’assemblea è epifania della Chiesa, è vero anche che è nella Chiesa
che i fedeli riscoprono lo specifico del loro essere assemblea celebrante, dal
momento che la celebrazione di tutti i sacramenti, e in modo speciale
dell’Eucaristia, avviene pro-ecclesia, in
ecclesia, una cum-ecclesia, per ecclesiam; da ciò ne consegue che è
dalla coscienza ecclesiale che deriva la coscienza celebrativa.”[43]
“Questa sguardo liturgico-teologico sull’esperienza storica dell’antica Chiesa
ispanica conferma quanto dicevamo in apertura sulla complementarità tra Chiesa
ed Eucaristia, e viceversa: la Chiesa e l’Eucaristia si costruiscono insieme e
reciprocamente. Ancor oggi, l’Eucaristia, celebrata dalla Chiesa, resta la
miglior scuola per entrare sempre più profondamente nella comprensione del
mistero di Cristo. In tale senso, non solo l’Eucaristia è per la vita cristiana
un punto d’arrivo (culmen), ma essa
costituisce, nello stesso tempo, un punto di partenza (fons) per realizzare il disegno del Padre, che vuole la salvezza di
tutti gli uomini in Cristo Gesù.”[44]
Dunque, “la stretta connessione tra eucaristia e Chiesa è uno dei dati più
tranquilli della coscienza della fede cattolica; e tuttavia si presenta come un
mistero difficile. Si tratta di una difficoltà un po’ strana, che non può
essere tutta messa a caro dell’inesauribile vastità e profondità di un mistero
così grande.”[45]
“Fare l’Eucaristia in memoria di cristo, servo obbediente, sofferente glorificato diventa gesto autentico e pieno
solo per quelli che dalla celebrazione escono la chiara coscienza di esser
inserti attivamente nella grande missione della Chiesa (ECC 45). Solo così ha significato e valore il congedo con cui si
conclude la celebrazione eucaristica e dal quale ha preso la denominazione
prevalante anche se meno significativa quella della Messa. Finisce infatti con
la Messa la celebrazione nel rito e ha inizio la celebrazione in cui è
impegnata tutta la vita. L’assemblea si scioglie solo per disperdere i
partecipanti nelle strade del mondo affinché siano testimoni della morte e
della risurrezione del Signore, annunciando agli altri la Parola ascoltata e
fatta proprio, donando agli altri il dono dell’amore, della concordia e
della pace che si è ricevuta. Questa è
l’esatta portata della missione della Chiesa: non si va a portare qualcosa di
proprio, ma a comunicare ciò che si è ricevuto, con la forza dello Spirito che
l’Eucaristia comunica attraverso il Corpo del Risorto (EEC 54). Ma ad una condizione: che si diventi ciò che si mangia e
si viva ciò che si celebra. A questo condizione l’Eucaristia può dirsi
effettivamente per ciascuno di noi compimento sempre dinamico e sempre nuovo
della iniziazione cristiana.”[46]
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[1] DE GIORGI, S., L’Eucaristia:
vita e missione della Chiesa, in
Monitor Ecclesiasticus 115 (1990) p. 143.
[2]
BARBA, M., L’Eucaristia fa la Chiesa nei
riti d’ingresso, in Rivista di
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[3]
MAZZA, E., La Chiesa fa l’eucaristia e l’eucaristia
fa la chiesa, in Rivista Liturgica 86
(1999) p. 393.
[4]
BARBA, M., in Rivista di Scienze Religiose 11 (1997) pp. 7-8.
[5] BIFFI, G., Eucaristia, Chiesa e disegno pastorale, in La Rivista del Clero Italiano 64 (1983) p. 3.
[6] BETZ, J., L’eucarestia come
mistero centrale, in AaVv., Mysterium
Salutis VIII, Queriniana, Brescia 1978, p. 229.
[7] BATTAGLIA, V., L’Eucaristia Fa
la Chiesa corpo e sposo di Cristo, in
Ricerche Teologia, 15 (2004) p. 8.
[8] DE LUBAC, H., Meditazione sulla
Chiesa, Jaca Book, Milano 1979, p. 135.
[9] MAZZA, E., in Rivista Liturgica 86 (1999) pp. 395-396.
[10]
BARBA, M., in Rivista di Scienze
Religiose 11 (1997) pp. 9-10.
[11]
BIFFI, G.,Eucaristia, Chiesa e mondo, in Sacra Doctrina 42 (1997, 3-4) p. 11.
[12]
Ibidem, p. 12.
[13]
BARBA, M., in Rivista di Scienze Religiose 11 (1997) pp. 10-11.
[14]
BARBA, M., in Rivista di Scienze Religiose 11 (1997) p. 14.
[15]
MAZZA, E., in Rivista Liturgica 86
(1999) p. 397.
[16] MIRALLES, A., L’Eucaristia fonte
e culmine della comunione ecclesiale: Riflessioni attorno alla lettera
Dominicae Cenae a cent’anni della sua pubblicazione, in Annales Theologici, 14 (2000) pp. 131-132.
[17]
BARBA, M., in Rivista di Scienze Religiose 11 (1997) pp. 15-16.
[18] BARBA, M.,
in Rivista di Scienze Religiose 11
(1997) p. 21.
[19]MAZZA,
E., in Rivista Liturgica 86 (1999) p.
398.
[20] Ibidem, p. 399.
[21]VAGAGGINI,
C., La messa sacramento del sacrificio
pasquale di Cristo e della Chiesa, in
Rivista Liturgica 56 (1969) p. 191.
[22]
BIFFI, G., Eucaristia, Chiesa e mondo, in Sacra Doctrina 42 (1997, 3-4) p. 12.
[23]
MARCHESI, G., L’Eucaristia mistero della
fede e sorgente della vita della Chiesa in La Civiltà Cattolica 134 (1983, III) p. 246.
[24] Ibidem, p. 247.
[25] Ibidem, p. 249.
[26] FERRARO, G., “Ecclesia de
Eucharistia vivit”. Aspetti della Lettera Encicliica di Giovanni Paolo II, in
Ephremerides Liturgicae, 117 (2003)
p. 290.
[27] MIRALLES, A., in Annales
Theologici, 14 (2000) pp. 130-131.
[28] DE GIORGI, S., L’Eucaristia:
vita e missione della Chiesa, in
Monitor Ecclesiasticus 115 (1990) p. 152.
[29] Ibidem, p.153.
[30] MARTINI, C. M., L’Eucaristia
memoriale della Pasqua del Signore forma di vita della Chiesa, in La Civiltà Cattolica 133 (1982, II) p.
430.
[31] BIFFI, G., in La Rivista del Clero Italiano 64 (1983) pp. 3-4.
[32]
VAGAGGINI, C., La messa sacramento del
sacrificio pasquale di Cristo e della Chiesa, in Rivista Liturgica 56 (1969) p. 191.
[33] MARTUCCELLI, P., L’eucaristia e
la chiesa. Unità e santità della chiesa in prospettiva eucaristica, in Rassegna di Teologia 29 (1988) p. 20.
[34] Ibidem, p. 29.
[35] COLOMBO, G., Ecclesis de
Eucharistia: La lettera enciclica di Giovanni Paolo II, in Teologia 29 (2004) pp. 406-407.
[36] MIRALLES, A., in Annales
Theologici, 14 (2000) p. 130.
[37] TEKLAK, C., L’Eucaristia nella
comunione della chiese, in Antonianum
75 (2000) p. 634.
[38] Ibidem, p. 649.
[39] LA CIVILTÀ CATTOLICA, L’Eucaristia
centro della Chiesa e cuore del mondo (Editoriale), in La Civiltà Cattolica 134 (1983, II) p. 212.
[40] CITRINI, T., Eucaristia, Chiesa,
missione, in La Rivista del Clero
Italiano 64 (1983) p. 218.
[41] PIOLANTI, A., a cura di, Il
mistero dell’altare nel pensiero e nella vita della chiesa, Desclée, Roma 1975, p.
600.
[42]
MAZZA, E., in Rivista Liturgica 86
(1999) pp. 399-400.
[43] BARBA, M., in Rivista di Scienze Religiose 11 (1997) p. 25.
[44] MARCHESI, G., L’Eucaristia
mistero della fede e sorgente della vita della Chiesa in La Civiltà Cattolica 134 (1983, III) p.
254.
[45] CITRINI, T., Eucaristia, Chiesa,
missione, in La Rivista del Clero
Italiano 64 (1983) p. 207.
[46] DE GIORGI, S., L’Eucaristia:
vita e missione della Chiesa, in
Monitor Ecclesiasticus 115 (1990) pp. 165-166.
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