Motto;

Sentiam Christi in vita meam

Monday, 14 January 2013

EUCARISTIA E CHIESA



Seminario titolato  TEMI SCELTI DI SACRAMENTI DELL’INIZIAZIONE

PROFESSORE: P. EDWARD MCNAMARA L.C


 

 

 

TEMA: EUCARISTIA E CHIESA

 

 

STUDENTE: OGUJIOFFOR Paul Ikechukwu

 

8 GENNAIO 2013 ROMA

 

 

Introduzione

“L’iniziazione – come graduale e progressivo inserimento del credente in Cristo Risorto per la partecipazione alla sua vita divina e alla sua missione di salvezza attraverso l’inserimento nel suo corpo che è la Chiesa – ha il pieno compimento nell’Eucaristia, alla quale Battesimo e Confermazione sono ordinati, costituendone la preparazione indispensabile. Entrare definitivamente nel Corpo di Cristo, osserva S. Ambrogio commentando il Salmo 22 che anticamente i neofiti cantavano nel loro cammino verso l’altare (De Mysterii 43, SC 25 bis, 179).”[1] Dunque, il grande teme L’Eucaristia e la Chiesa non si può pensare teologicamente senza fare simultaneamente perché l'Eucaristia e la Chiesa sono inseparabile. “È in riferimento a Cristo che la Chiesa scorge la sua identità, il suo esser ecclesia, popolo riunito per l’alleanza, ovvero è Dio, in Cristo, per mezzo della Spirito che convoca l’assemblea comunicandole i suoi doni, la grazia, l’amore, la comunità di vita, la pace inserendola così nel circolo unitivo-agapico della Trinità.”[2] Allora, questa grande teme apparvi nel studio dei Liturgia, ecclesiologia, dogmatico e spiritualità in qui la chiesa si trova la sua santità. Considerando questa teme, “Il senso di questa frase è molto semplice: intende solo dire che la Chiesa è il soggetto che celebra la liturgia eucaristica (…) Nei lavori del Vaticano II il tema era la partecipazione attiva dei fedeli, piuttosto che il soggetto dell’azione liturgica. Infatti, si tendeva a distinguere tra la Chiesa come comunità dei fedeli, alla quale compete la partecipazione attiva, pia e consapevole, e il celebrante della liturgia che è il Cristo stesso, dal quale deriva tutta l’efficacia dell’azione liturgica. Per questo la liturgia era descritta come esercizio del sacerdozio di Cristo, nella Chiesa.”[3] Nella articolo, “L’Eucaristia fa la Chiesa nei riti d’ingresso”, Maurizio Barba esporre che “l’esigenza di penetrare sempre più il significato e il valore dei riti della Messa, rappresenta un aspetto molto importante per la crescita di una comunità cristiana e per l’itinerario spirituale di conformazione a Cristo di ogni persona battezzata. È attraverso la liturgia, infatti, che la Chiesa scopre la sua identità, ed è dalla liturgia che essa attinge i criteri fondamentali del suo agire: l’essere e il dover-essere ecclesiale trovano il ,loro humus genetico nelle celebrazioni liturgiche, in modo particolare nella celebrazione dell’Eucaristia, che nel vasto orizzonte liturgico assume un’importanza speciale, quale centro della Chiesa e fonte di tutte le azioni liturgico-celebrativo…attraverso l’analisi dei riti di ingresso, come l’assioma Eucharistia facit Ecclesiam viene specificato nei diversi sintagmi rituali che compongono il rito processioanle dell’Ordo Missea (…) Nei diversi momenti dei riti d’ingresso della sinassi eucaristica, la presenza feconda del Padre che per mezzo del suo Figlio, in forza dello Spirito Santo edifica la comunità dei credenti perché divengano il Corpo di Cristo.”[4] In questo maniera, “c’è tra eucaristia e Chiesa una specie di reciproca casualità e di mutua immanenza: l’eucaristia nasce dalla Chiesa e la Chiesa nasce dall’eucaristia; nell’eucaristia vive già in mysterio tutta la Chiesa, nella Chiesa ogni vitalità scaturisce dall’eucaristia.”[5]  Questa vuol dire che “il mistero, che è la Chiesa, raggiunge la sua densità massima nell’eucarestia. In essa la Chiesa si manifesta come il popolo radunato di Dio nel suo pellegrinaggio attraverso il tempo e il cui viatico è costituito da Cristo stesso. Nel convito della cena la Chiesa realizza nel modo più profondo la sua essenza di corpo universale e sacramentale di Cristo, in essa avviene la perfetta integrazione del Christus individualis nel Christus totalis, si attua la manifestazione spazio-temporale del Cristo glorioso. Pertanto è proprio in questo sacramento che viene in chiaro il permanente innesto della Chiesa in Cristo. In esso questi realizza nella misura più abbondante la sua persona nella comunità radunata.(…)  La presenza sostanziale del corpo e del suo sangue costituisce la proprietà dell’eucarestia, che la renda il vertice dei sacramenti. Naturalmente essa continua a denunciare il carattere di provvisorietà proprio del periodo della storia della salvezza nel quale noi viviamo; continua ad essere celebrata fino a quando egli ritornerà (1Cor.11,26). L’eucarestia ci arreca il Signore, ma non nella sua gloria, bensì nel suo nascondimento neo simbolo. In tal modo essa rivela la coesistenza del già e del ‘non-ancora’. Nel l’eucarestia si riflette altresì il carattere gerarchico fondamentale della Chiesa, il rapporto che intercede tra Cristo e la Chiesa si configura nel rapporto tra il sacerdote e il popolo. Anche duplice carattere della Chiesa, come strumento e come comunità di salvezza, risplende nell’eucarestia. Questi pochi accenni per ora possono bastare, sono sufficienti a darci come realtà l’eucarestia sia un mistero centrale.”[6] Possiamo dire che, “i due testi conciliari rievocano incisivamente la straordinario ricchezza di grazia contenuta nell’eucaristia, sacramento per eccellenza del mistero pasquale, da cui nasce e trae vita la Chiesa, e che, perciò, viene giustamente designata come <<fonte e culmine di tutta la vita cristiana>>. Culmen e fons sono i due termini chiave utilizzati nei documenti conciliari per delineare il senso – e la centralità – dei rapporto tra liturgia e la Chiesa, e, corollatamente, tra l’eucaristia e la Chiesa.”[7]

I.                   L’assemblea celebrante e l’eucaristia

La Chiesa è un mistero, cioè, in altri termini, un sacramento. Essendo il <<punto di incontro d tutti i sacramenti cristiani>>, è essa stessa il grande sacramento, che contiene e vivifica tutti gli altri. Essa è sulla terra il sacramento di Gesù Cristo stesso è per noi, nella sua umanità, il sacramento di Dio. Ogni realtà sacramentale, <<vincolo sensibile di due mondi>>, presenta una duplice caratteristica. Da una parte, essendo segno di un’altra realtà, la prima deve essere non solo parzialmente, ma totalmente trascesa.[8] La prima preoccupazione del concilio Vaticano II, nell’ area pastorale liturgica, è stata per i fedeli, per questo riflettendo sull’assemblea celebrante come l’chiesa Enrico Mazzo dice, “la riflessione teologica ha colto bene il senso di partecipazione attiva, e ha messo in luce la dimensione teologica soggiacente: la partecipazione attiva dell’assemblea è necessaria perché, nella liturgia, l’assemblea è il soggetto celebrante (…) nella preghiera eucaristica c’è il momento dell’anamnesi, in cui la messa si autodefinisce con il testo stesso della celebrazione: Noi tuoi ministri e il tuo popolo santo, ottima tradizione del testo latino: Nos servi tuised et plebs tua sancta. I ministri e il popolo santo costituiscono un solo Noi, un solo soggetto celebrante: Noi, la Chiesa. Questa consapevolezza di unità, ben chiara a livello liturgico, non è altrettanto chiara e rispettata nella media delle nostre comunità. Nel Canone romano- vero modello di ecclesiologia – il Noi, indica il soggetto unitario dell’intera celebrazione, vista in tutte le sue patri: rendere grazie, far memoria, offrire, supplicare, ricordarsi, e dare onore e gloria. Nell’eucaristia, non una delle azioni descritte nel rito anaforico viene attribuita in proprio al sacerdos celebrante. Tutta la celebrazione ha un soggetto unico: Nos. Nella epoca patristica, epoca della formazione delle preghiera eucaristiche, l’obbedienza al mandato di Cristo. Fate questo in memoria di me. Pertanto, tutti i verbi che indicano un’azione che si compie durante l’eucaristia, hanno un unico soggetto: il Noi dell’intera Chiesa, vista come assemblea celebrante. Dire assemblea non significa dire laici in opposizione a clero dato che anche il presidente è anch’egli membro dell’assemblea. L’assemblea è presieduta dal suo interno. Senza l’attiva presidenziale del sacerdote, non avremmo nemmeno l’assemblea, quindi egli non solo è membro, ma è membro essenziale (…) Nel porre la Chiesa come soggetto celebrante, non c’è nulla di innovativo. È dottrina di sempre. Innovativo, estranea all’ tradizione della Chiesa, è la dottrina che solo il sacerdote che presiede la liturgia è celebrante (…) Da parte mia vorrei solo aggiungere che il presiedere non è il venire presieduti: se la Chiesa è il luogo dove sboccia lo Spirito Santo, solo un particolare dono dello Spirito consentirà la presidenza dell’assemblea, dono che si  subito collegato con imposizione delle mani.”[9] Riguarda alla i riti d’ingresso, “Sono due finalità intrinseche e complementari dal momento che non c’è Chiesa senza Eucaristia e non c’è Eucaristia senza Chiesa, pertanto l’adagio assiomatico Eucharistia facit Ecclesiam et Ecclesiam facit Eucharistiam è co- estensibile e modulabile con l’assioma Liturgia facit Eccelisiam et Ecclesiam facit Liturgiam. Da ciò ne consegue che senza la liturgia la Chiesa sarebbe un semplice agglomerato di persone e la liturgia senza Chiesa si ridurrebbe a sterile cerimonialismo, ovvero senza la Chiesa celebra e senza la celebrazione nella e con la Chiesa, il Padre celeste sarebbe lontano, il Cristo apparterrebbe al passato, lo Spirito sarebbe mortificato nel suo agire, il vangelo sarebbe lettera morta. I riti di introduzione, in altri termini, mettono in rilievo che l’assemblea ecclesiale è il soggetto celebrante dell’Eucaristia (…) Non ogni gruppo di persone che si raduna forma un’assemblea celebrante, ci si può ritrovare gomito a gemito e non costituire per niente una vera assemblea: essa si realizza quando all’atto di radunarsi segue l’avere un legame comune, la fusione degli spiriti, l’armonia degli intenti, ossia ciò che gli Atti definiscono cor unum et anima una (At.4,32), infatti solo da un’assemblea che ha consapevolezza di essere comunità, unita da vincoli di comunione, può derivare una celebrazione degna e autentica; la celebrazione è la più alta autorealizzazione della Chiesa e la sua manifestazione più chiara, dal momento che frutto della celebrazione è l’edificazione della Chiesa in popolo di Dio, corpo di Cristo, tempio dello Spirito. In tale senso si veda come i riti d’ingresso propongono alla comunità radunata le linee guida per la realizzazione dell’unità comunionale tra i suoi membri, in vista della sua trasfigurazione in corpo mistico di Cristo. Infatti nella celebrazione della Eucaristia, Dio chiama e raduna il suo popolo per celebrare il mistero del suo essere Chiesa, per a questo tendono riti di introduzione della Messa: costituire i cristiani riuniti in assemblea ecclesiale quale autentica manifestazione del mistero della Chiesa come corpo-sposa che si prepara a celebrare la memoria dl suo capo-sposo.”[10]

Riflettendo sul Eucaristia, Chiesa e mondo, Giacomo Biffi propone che: “l’Eucaristia ci illuminerà sull’intima costituzione e sulla vita della Chiesa; e la Chiesa, capita nella verità del suo mistero, ci darà qualche opportuna notizia sullo stato del mondo, sui suoi valori, sui suoi mali, sulle sue necessità.”[11] Per questo, “già l’analisi delle prime testimonianze cristiane ci insegna che l’Eucaristia è rito proprio, esclusivo, caratterizzante della comunità cristiana: dove c’è Chiesa, lì non mancare l’Eucaristia; dove non c’è Chiesa, lì non ci può essere Eucaristia. C’ è dunque tra queste due entità un rapporta strettissimo, che possiamo tentare di cogliere con approfondimenti successive. Notiamo in primo luogo una specie di reciproca causalità. L’Eucaristia è atto tipicamente ecclesiale: non è posto in essere dall’iniziativa individuale o di gruppo, m nasce dalla Chiesa, e dalla Chiesa la sua celebrazione è regolata e autenticata. La Chiesa poi è, con Cristo, protagonista dell’azione eucaristica: in essa noi che siamo Chiesa con Cristo offriamo al Padre la vittima pura, santa e immacolata (cf. Preghiera eucaristica 1 ), sicché nella messa colui che è immolato per la nostra redenzione diventa anche l’offerta della Chiesa di Dio (cf. Preghiera eucaristica IV).”[12] Dunque, “questo dato ci a notare ce prima ancora i fare l’Eucaristia è necessario fare Chiesa e come questo radunarsi insieme per far memoria del Signore ha già in se stesso un valore di atto liturgico: non si può giungere al corpo ecclesiale, non si può realizzare l’unione con Cristo senza alcun rapporto con la Chiesa, ossia si può fare Eucaristia solo dove esiste un’assemblea legittimamente radunata e al contempo non si può non costruire il corpo della Chiesa dove si celebra e si riceve il Corpo di Cristo (…) L’assemblea liturgica, dunque, costituisce il primo e indispensabile elemento affinché possa darsi una celebrazione, l’atto fondamentale dell’azione liturgica, in quanto componendosi in assemblea celebrante la Chiesa manifesta ciò che è: popolo convocato da Dio, generato dalla sua Parola e luogo in cui si compie l’alleanza.”[13] “La Chiesa, dunque, non è frutto dell’accostamento di persone e la sua unità non è psicologica, ma pneumatica, ovvero la copulazione ecclesiale  non è il risultato del fraterno stare insieme, ma è frutto dello Spirito, infatti per ogni assemblea liturgica è lo Spirito Santo che precede l’azione del congregarsi in unità, facendo leva sulla speranza. Egli sospinge all’assemblea e, in questa, infonde la fede nei cuori dei fedeli e con la carità mette ordine nei rapporto tra i fedeli e provoca l’unione tra questi (…) La Chiesa e quindi l’assemblea viene a configurarsi come locus ubi floret Spiritus, dunque Spiritus Sancto congregata, dal momento che la celebrazione liturgica è una sinergia dello Spirito e della Chiesa inseparabilmente congiunte, per cui coloro che non vogliano essere nell’unità e non possiedono quindi lo Spirito che abita il Corpo di Cristo, non possono avere il Sacrificio, in tal mondo dalla comunionalità dei membri deriva la comunità ecclesiale, ma anche dalla comunità ecclesiale segue la comunionalità dei membri. Se così non fosse si alienerebbero, nell’uno o nell’’altro caso, l’azione e l’intervento dello Spirito.”[14]

Il significato di questo adagio, ormai invalso, è molto importante perché ci porta a ricuperare un dato che era stato dimenticato: il frutto dell’eucaristia è l’unità della Chiesa. Propriamente parlando non possiamo dire che è l’eucaristia a fare la Chiesa, perché la Chiesa si costituisce con il battesimo e con la fede in Cristo. Tuttavia, in senso più ampio, l’adagio può essere accettato perché il battesimo fonda l’unita della Chiesa, e l’eucaristia restituisce questa dimensione battesimale alla comunità che celebra. Infatti, la Chiesa è uno è il corpo di Cristo in cui si è incorporati con il battesimo e di cui si partecipa con l’eucaristia. Perché la Chiesa è corpo di Cristo? Perché i cristiani, per il battesimo e per la vita quotidiana, vivono della vita stessa di Cristo. Quando essi sono uniti nella vita in Cristo, formano un solo corpo. Il corpo di Cristo attributo della Chiesa, non è più soltanto un dato sociologico o una immagine letteraria, ma una realtà dotata di un preciso spessore ontologico: nella Chiesa si attua il mistero del corpo di Cristo. Il rapporto tra Chiesa, corpo di Cristo e unità della Chiesa già presente in Paolo:Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione del sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione del corpo di Cristo? Poiché c’è un solo pane, noi – i molti – siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane 1Cor.10,16-17). Il partecipare al pane mette i fedeli in comunione con il corpo di Cristo; e fedeli diventano un solo corpo. Qui è già presente la teologia dell’efficacia sacramentale. Il sacramento fa diventare i fedeli ciò che esso è. Il pane è comunione del corpo di Cristo? E allora i fedeli, che ne partecipano, diventano corpo di Cristo. Il pane è uno? E allora i fedeli, che ne partecipano, diventano uno.(il carattere ontologica della Chiesa ). È a causa dell’efficacia sacramentale che l’eucaristia viene definita sacramento dell’unità della Chiesa. In Paolo, il frutto dell’eucaristia è non tanto l’unità escatologica della Chiesa, nel regno di Dio, ma l’unità storica di ogni comunità. Più che dono escatologico atteso da Dio alla fine dei tempi, l’unità diventa un impegno storico che ogni Chiesa deve perseguire per poter essere coerente con la liturgia eucaristica che essa celebra, anzi ben di più: per non rendere vana la partecipazione al corpo di Cristo.”[15] “Il Papa ne offre una, con l’autorevolezza del suo magistero sulla Cattedra di Pietro, che serve di chiave di lettera dei riferimenti valore sacrificale dell’Eucaristia presenti nel § 4: <<Tutti coloro che partecipano con fede all’Eucaristia si rendono conto che essa è sacrificum, cioè un offerta consacrata. Infatti il pane e il vino, presenti all’altare e accompagnati dalla devozione e dai sacrifici spirituali dei partecipanti, sono finalmente consacrati, sì che diventano veramente, realmente e sostanzialmente il corpo dato e il sangue sparso di Cristo stesso. Così, in virtù della consacrazione, le specie del pane e del vino, ripresentano, in modo sacramentale e incruento, il sacrificio cruento propiziatorio offerto da lui in croce al Padre per la salvezza del mondo>> (DC 9/6). L’apice della partecipazione al sacrificio eucaristico si ha poi nella comunione: <<Questa chiamata del Signore, a noi rivolta mediante il suo sacrificio, apre i cuori, affinché – purificati nel mistero della nostra redenzione – si uniscono a lui nella comunione eucaristica, che conferisce alla partecipazione della messa un valore maturo, pieno, impegnativo dell’umana esistenza>> (DC 9/7). Questi due temi – indirizzo trinitario - cristologico del culto eucaristico e valore sacrificale dell’Eucaristia – fondano e illuminano il discorso che viene svolto nel § 4 su <<Eucaristia e Chiesa>>, la cui adeguata comprensione richiede di collocarlo sempre in quella luce.”[16]

Riguarda la processione d’ingresso, “Quando il popolo si è costituito in assemblea, la celebrazione ha inizio con la processione d’ingresso e il canto che l’accompagna: il sacerdote, accompagnato da coloro che durante l’Eucaristia svolgono funzioni particolari, si reca all’altare. Tale elemento non verbale è manifestavo della presenza del Signore, per mezzo del suo ministro, in mezzo al suo popolo che lo celebra e quindi dell’unione del corpo mistico fra Capo e Corpo, infatti come l’ingresso del sacerdote così l’antifona che l’accompagna [significa] la venuta del Figlio di Dio in questo mondo, ovvero il sacerdote procede nei sacri ornamenti; Cristo esce come sposo dalla stanza nuziale, dal grembo della Vergine, rivestito di gloria e di splendore. Attraverso questo rito processionale dell’ingresso celebriamo la venuta di Cristo nella sua Chiesa, cioè l’evento della sua incarnazione di cui il rito è tipo e figura.”[17] “L’Eucaristia, poi, richiama la croce in quanto è memoriale del sacrificio di Cristo, per cui la coesione fraterna prodotta dall’Eucaristia non è altro che quel patto d’amore, l’alleanza tra Cristo e il suo popolo e tra i membri di questo, in virtù dell’azione unificatrice della morte di Cristo in croce: quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me Gv.12,32 e dal momento che l’alleanza è sempre un atto che genera vincolo e legami profondi, diventa, per cos’ dire, ecclesiogena.”[18] “L’asserto che l’eucaristia fa la Chiesa, può essere capito solo tenendo presente il modo paolini di concepire la teologia sacramentaria: l’efficacia del sacramento sta nel riprodurre se stesso nei fedeli che si nutrono del pane eucaristico. I fedeli, pertanto, diventano corpo di Cristo e sono riuniti in unità, perché il pane è corpo di Cristo perché il pane è uno.”[19] “Paolo lega l’unità della Chiesa alla partecipazione all’unico pane (…) Da Giovanni nasce una conseguenza precisa, che è ancora in ombra in Paolo: l’eucaristia è il sacramento di unità perché è il sacramento della croce di cristo. Se questa è già avvenuta, anche il raduno e l’unità debbono appartenere al già avvenuto. Se si fa memoria della croce di Cristo si fa memoria anche del raduno che ne consegue. Esso già esiste, preparato, e ha il suo archetipo nel rapporto di unità che lega il Padre e il Figlio (Gv.17,21). Ne segue che l’eucaristia, sacramento di unità perché sacramento della morte di Cristo, impegna la Chiesa nel cammino storico del raduno e dell’unità; ne segue anche che la violenza dell’unità colpisce l’opera stessa della redenzione.”[20]

II.                La Messa come Sacramento del sacrificio pasquale della Chiesa

Cipriano Vagaggini scrive che, “La Messa è il sacramento del sacrificio pasquale non solo di Cristo, ma anche della Chiesa. Questo avviene in quanto la Chiesa accetta coscientemente, ratifica da parte sua e fa suo il sacrificio che Cristo fa di se stesso e di noi al Padre, quando si offre a sua totale disposizione anche come Capo della umanità e del cosmo, e perciò offre insieme a lui tutta l’umanità, anzi tutto il cosmo, di cui è Capo responsabile.”[21] Dunque, “ma la tempo stesso va detto con forza che la Chiesa nasce dall’Eucaristia, e dal mistero eucaristico è tenuta in essere, è custodita nella verità e nella grazia, è dilatata e resa feconda. In virtù di questo rito, anche la Chiesa diventa, unitamente a Cristo, sacrificio perenne a Dio gradito (cf. Preghiera eucaristica IV), e adeguandosi a questo arcano stato di oblazione invera nel mondo più compito la sua intima natura di Sposa e di corpo di Cristo. Di più, si istituisce come una sorta di mutua immanenza: nell’Eucaristia vive già in mysterio (cioè sacramentalmente) tutta la Chiesa, e nella Chiesa ogni vitalità scaturisce dall’Eucaristia.”[22] Diciamo che “Eucaristia e Chiesa costituiscono un binomio inscindibile: l’una non può esistere senza l’altra; anzi, l’una realizza il proprio senso ultimo, sacramentale e salvifico, mediante l’altra. Se non può esistere la Chiesa senza l’Eucaristia, così pure è impensabile la celebrazione dell’Eucaristia senza la Chiesa o fuori di essa. Infatti, è l’Chiesa che fa l’Eucaristia, ma è anche l’Eucaristia che fa la Chiesa. Perciò la Chiesa e l’Eucaristia si fanno, ogni giorno, l’una mediante l’altra: l’idea della Chiesa e l’Eucaristia si devono promuovere e approfondire in modo eguale l’una per mezzo dell’altra. Entrambe, Eucaristia e Chiesa, scaturiscono dalla Pasqua di Gesù, sono il dono supremo della sua donazione d’amore al Padre e della sua oblazione sacrificale per la salvezza di tutta l’umanità. Ora, se la Chiesa è il sacramento universale di salvezza (Lumen Gentium, n.1), è altrettanto vero che essa attinge la sua forza e la sua vitalità soprattutto dall’Eucaristia, la quale non è uno fra i tanti misteri, ma è il mistero della fede.”[23] Oltre, “L’Eucaristia non solo è il termometro della vitalità di una comunità ecclesiale, ma essa è anche la scuola insostituibile per la formazione permanente del popolo di Dio all’ascolto della Parola, alla crescita della comprensione del mistero di Dio rivelato in Cristo, come anche per il suo impegno storico in prospettiva sociale (…) Essenzialmente, l’Eucaristia è memoria efficace della Pasqua di Gesù Cristo. Essa è il sacrificio della croce [nel quale] si rinnova (exercetur = si riattualizza) l’opera della nostra salvezza. E insieme, col sacramento del pane eucaristico, viene rappresentata e prodotta l’unità dei fedeli, che costituiscono un solo corpo in Cristo (cf. 1or.10,17). Quindi nell’Eucaristia viene manifestato e vissuto il mistero di Cristo e la natura profonda della Chiesa.”[24] “Ora, l’Eucaristia è il sacramento pasquale, di valore escatologico. Si può dire allora che la teologia dell’Eucaristia è una teleologia, un discorso a partire dalla fine, cioè dalla pienezza, qual è appunto il mistero della morte e della risurrezione di Gesù. Esso è l’eschaton che illumina tutto ciò che lo precede e lo segue. Questo fa sì che la Chiesa sia veramente eucaristica, poiché essa è il corpo di Cristo e corpo del Cristo pasquale, per la salvezza del mondo. Come l’Eucaristia, anche la Chiesa viene dal Cristo pasquale, va verso di lui, è intelligibile a partire da colui di cui è il sacramento. In una parola, il punto di partenza della riflessione teologica sull’Eucaristia è tutto incentrato nel mistero pasquale di Cristo e solo in questa luce l’intelligenza umana può trovare risposta ai suoi molteplici interrogativi: La chiave di comprensione è dentro casa, la porta si apre dall’interno, per illuminare con la pienezza e con la totalità del mistero pasquale anche le realtà terrestri significate dall’Eucaristia. In tale senso resta ulteriormente confermato che l’Eucaristia, mistero della fede, non solo si celebra, ma anche può essere compresa solo nella Chiesa.”[25] Per questo, “la redenzione degli uomini costituisce la loro salvezza, e l’unità dei credenti nell’unico corpo di Cristo che è la Chiesa è la rappresentazione visibile di tale destinazione alla vita eterna nella profonda confermazione al Redentore nel mistero della sua incarnazione. Il dramma della redenzione vissuto e operato nella passione, morte e risurrezione di Cristo attualizzato nel corpo mistico di Cristo che è la Chiesa, originata dalla redenzione e ci pone in presenza del Cristo totale, corpo mistico.”[26] “Infatti il culto eucaristico si rivolge al Figlio incarnato <<soprattutto in quel momento di suprema dedizione e di abbandono  totale di se stesso (…) Tuttavia è l’annientamento volontario, gradito dal Padre e glorificato con la risurrezione, che, sacramentalmente celebrato insieme con la risurrezione, ci porta all’adorazione di quel Redentore fattosi obbediente fino alla morte e all’ morte di croce (Fil.2,8)>> (DC 3/2). La nostra adorazione <<è anche una rispoosta che vuol ripagare quell’amore immolato fino alla morte di croce: è la nostra eucaristia, cioè il nostro rendergli grazie, il lodarlo per averci redenti con la sua morte e resi partecipi della vita immortale per mezzo della sua risurrezione>> (DC 3/3). La celebrazione sacramentale dell’annientamento volontario di Cristo e della sua risurrezione è sacrifico. Questo tema è l’altro principale polo di riferimento del § 4, oggetto del nostro studio. Esso viene svolto  nel § 9, che comincia con la seguente affermazione, espressa con un certo tono di solennità:<<L’Eucaristia è soprattutto un sacrificio: sacrificio della redenzione e, al tempo stesso, sacrificio della nuova alleanza>> (DC 9/1). La sua identità col sacrificio della croce viene asserita con parole prese da un sinodo costantinopolitano, celebrato pochi anni prima della deplorata rottura della comunione tra Oriente e Occidente: <<Il sacrifico odierno (…) è come quello che un giorno offrì l’unigenito incarnato, essendo l’identico e unico sacrificio>> (DC9/1).”[27] Dunque, “il can.897, dopo aver presentato l’Eucaristia nella totalità del mister, ossia come l’augustissimo sacramento di Cristo Signore, presente, offerto e assunto, aggiunge che mediante la santissima Eucaristia continuamente vive e cresce la Chiesa e si compie l’edificazione del Corpo di Cristo nel tempo e nello spazio, sottolineando così il rapporto vitale e inscindibile tra l’Eucaristia e la Chiesa. L’Eucaristia e la Chiesa, infatti, sono i segni efficaci, benchè diversi, di un’unica e identica realtà, il Corpo di Cristo: Conficitur unum corpus quod est Christus et Ecclesia. (…) L’Eucaristia è il corpo sacamentale di Cristo e la Chiesa il suo corpo mistico. L’una e l’altra sono realmente l’unico corpo di Cristo, verum corpus natum de Maria Virgine, vere passum, immolatum in Cruce pro homine, risorto è asceso al cielo.”[28] Oltre, “È la Chiesa infatti, che celebra l’Eucaristia in forza del mandato del Signore: Fate questo in memoria di me (Lc.22,19). Ma è l’Eucaristia ch trasforma la moltitudine dei fedeli nel Corpo e il Sangue del Signore per l’invocazione dello Spirito Santo. Ma lo stesso Spirito è invocato perche per la comunione al Corpo e al Sangue di Cisto ci riunisca in un solo corpo (Preghiera Eucaristica II) e noi diventiamo un solo corpo e un solo spirito (Preghiera Eucaristica III). L’Eucaristia non solo edifica la Chiesa come corpo di Cristo ma continuamente la nutre e la fa cresecere, precisa il can. 897. È il pane della vita. (Gv.6,26) È nell’Eucaristia infatti chiesa realizza la promessa del Signore: Io sono venuto perché abbiano la vita in abbondanza. (Gv.10,10) Colui che mangia di me vivra per me. (Gv.6,57) Nella Santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo nostra Pasqua e pane vivo, che mediante la sua carne vivificate dallo Spirito Santo e vivificante, dà la vita agli uomini (PO 5)”.[29] Presentare l’Eucaristia come <<forma>> di vita della Chiesa significa riconoscere al Memoriale della Pasqua di Cristo una forza <<plasmatrice>> capace cioè di modellare la vita dell’uomo secondo un modello, un’impronta, una figura, che è Cristo stesso visto nel supremo suggello della sua esistenza, cioè nella Pasqua. La Chiesa è appunto la comunità di coloro i quali lasciano che sia l’Eucaristia a dare forma, consistenza, ritmo, dinamismo interiore ai procedimenti della loro vita personale, ai rapporti comunitari, ai progetti sociali, alle iniziative di riforma delle strutture della convivenza umana.[30]

III.             Ecclesialità dell’eucaristia

Nel suo ricerca sul Eucaristia, Chiesa e disegno pastorale, Mons Giacomo Bifi proporre che “L’analisi delle fonti ci insegna che l’eucaristia è rito proprio, esclusivo, caratterizzante della comunità cristiana: dove c’è la Chiesa, lì non può mancare l’eucaristia; dove non c’è Chiesa, lì non ci può essere l’eucaristia. Ogni vera eucaristia non è mai dunque un fatto privato, quale che sia il numero dei partecipanti; ma è sempre un fatto ecclesiale. Il che significa: che deve nascere da Cristo, attraverso la nostra connessione con lui attuata mediante l’inserimento nel suo corpo che è la Chiesa; che deve potersi dire atto non di un raggruppamento ma della Chiesa cattolica, che è sempre indivisibile e totale presente in ogni legittima congregazione di credenti (...) Più profondamente, l’ecclesialità dell’eucaristia si avvera nel fatto che tutta la Chiesa cattolica è - con Cristo, in Cristo, subordinatamente a Cristo – soggetto e oggetto dell’azione sacrificale. In altre parole, se sul Calvario solo Gesù era il sacerdote e la vittima, nello stesso sacrificio ripresentato misteriosamente nella messa anche la Chiesa con Cristo offre, anche la Chiesa con Cristo è offerta.”[31] “La Chiesa offre il sacrificio prendendo coscienza di questo fatto, accettando con gioia e così offrendo Cristo vittima al Padre ed offrendo se stessa insieme a Cristo in unione all’offerta che Cristo fa di se stesso e di noi e in continuazione di quella che fece sul Golgota e in tutta la sua vita.”[32] Possiamo dire che “tra i sacramenti, l’eucaristia significa e produce in maniera e misura eminenti una reale apertura della vita umana all’amore interpersonale e universale di cui Cristo, con la morte in croce e la risurrezione, ha affermato a causato la possibilità concreta. Essa attua le sue potenzialità nel fatto di essere celebrata e vissuta come il sacramento che raduna, santifica e plasma la chiesa, facendo così dei credenti gli elementi originali di una comunità che ingloba e trascende i singoli comunicanti. Nello sviluppo di queste premesse di fondo, si cercherà di considerare l’eucaristia quale fattore essenziale dell’unità e santità di ogni comunità ecclesiale e della chiesa intera.”[33] “L’eucaristia promuove la chiesa e la abilita a riparare le lacerazioni che si creano nei rapporti tra gli uomini e tra questi e Dio. La comunione visibile, intesa come il risultato mai definitivo di questo instancabile lavorio, è perciò via sacramentale (divino-umana) alla salvezza, suo segno realizzato, ma soprattutto strumento di progressi ulteriori. Il centro cristologico, continuamente attuato nella celebrazione eucaristica, è dunque garanzia oggettiva dell’unità e santità della chiesa, perché, mentre sta a testimoniare la sollecitudine del Signore per le sue creature, è anche espressione del gesto sacrificale con cui l chiesa offre se stessa al Padre per la pacificazione del mondo.”[34] Allora, “emerge e si staglia la linea dell’efficacia del sacramento dell’Eucaristia, che partendo da Gesù Cristo (presenza storica) va all’Eucaristia (presenza sacramentale) che genera la Chiesa. È la linea proposta nell’enciclica tranquillamente, cioè senza tecnicismi e senza infeudarsi in posizioni di scuola, come si addice al Magistero.”[35] Antonio Miralles ha scrisse, “Il § 4 ha come titolo <<Eucaristia e Chiesa>> ed è inserito nella prima parte. Il suo collegamento con gli altri temi della lettera non è espresso, ma lo deve scoprire il lettore attento. Il paragarafo immediatamente anteriore tratta del culto eucaristico, inteso in tutta la sua ampiezza, come il Papa ha chiarito poco prima, e cioè <<sia nella celebrazione della messa sia verso il santissimo Sacramento (DC 2/4). Ciò che è messo più in risalto è l’indirizzo trinitario - <<Tale culto è diretto verso Dio Padre per Gesù Cristo nello Spirito Santo>> (DC 3/1) -, e dentro di esso specialmente l’indirizzo cristologico.[36] In questa domanda, in che modo la celebrazione del’Eucaristia realizza la Chiesa, possiamo dire che “la  nota riporta dapprima le testimonianze dei padri e poi le opinioni dei diversi teologici, al cui centro si trova a formula di Sant’Agostino che può essere tradotta: Si sola Ecclesia facit Eucharistiam, verum est etaim quod Eucharistia facit Ecclesiam – Se è vero, che la Chiesa fa l’Eucaristia, è vero anche che l’Eucaristia fa la Chiesa. In altri termini, dove si celebra l?Eucaristia la Chiesa continuamente vive e cresce. In conseguenza si può sostenere che il Corpus Ecclesiarum, alla luce del secondo schema, viene costituito dalle Chiese locali nelle quali si radunano i fedeli per la celebrazione dell’Eucaristia che è la causa efficiente della loro esistenza, del loro carattere ecclesiale e della loro comunione.”[37] Oltre, “La Chiesa, che è nata da quest’amore, vive di esso e lo rende presente celebrando l’Eucaristia. Il rapporto reciproco e dinamico tra la Chiesa e l’Eucaristia fa crescere la Chiesa, il corpo di Cristo. I fedeli che partecipano al banchetto eucaristico sentono che sono l’oggetto dell’amore di Dio. L’amore diventa per loro il principio fondamentale della vita e la norma concreta che gode di assoluta priorità nell’attività cristiana, secondo il nuovo comandamento che hanno ricevuto da Gesù Cristo: Figlioli, (…) Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri (Gv. 13, 34). Grazie alla compenetrazione profonda tra l’amore e la vita emergono contemporaneamente le due dimensioni della fede cristiana: la dimensione verticale, cioè il rapporto di comunione tra Dio e l’uomo e la dimensione orizzontale, cioè il rapporto di comunione tra gli uomini in Dio. ”[38] “Parlando dell’Eucaristia,il Concilio afferma ch’essa è <<il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e nello stesso tempo, la fonte da cui promana tutta la sua forza>> (SC, n.10); è <<la fonte e il culmine di tutta la vita cristiana>> (LG, n.11); è <<fonte e culmine di tutta l’evangelizzazione>> (PO , n. 58). Usando le immagine di fonte (fons) e di culmine (clumen), il Concilio vuol dire che, nella vita e nella missione della Chiesa, tutto viene dall’Eucaristia e tutto porta all’Eucaristia e in essa trova la sua perfezione; è il centro da cui tutto parte e a cui tutto ritorna.”[39] “E anche per questa via il credente è condotto a superare l’angustia del proprio hic et nunc, che pure è ambito benedetto dalla presenza di Gesù Cristo, per respirare con i ritmi della Chiesa, per vivere l’attesa della venuta del Signore nella lunghezza e nella larghezza delle prospettive della missione (cf. Atti 1,7) e della pazienza di Dio (cf. 2Pt. 3,9). Al centro della comunità cristiana e della sua missione sta sempre il <<pastore supremo>> (cf. 1Pt.5,4), la cui visione delle cose e il cui amore vanno al di là non solo di quelli delle sue pecore ma anche di quelli dei ministri della sua sollecitudine pastorale. Nel cuor della Chiesa l’eucaristia è sacramento di questo pastore e della sua disponibilità e premura suprema per noi, definitivamente attuata e attuale.”[40] Dunque, “il Concilio Vaticano ha luminosamente affermato e illustrato il rapporto tra Eucaristia e Chiesa, soprattutto nella rievocazione dell’insegnamento di S. Tommaso: <<In Sanctissima Eucharistia  totum bonum spirituale Ecclesiale continetur>> P.O, n.5; cf. S. Th., III, q. 65, a. 3; q. 79, a. 1e ad 1. Da questo sommo bene la Chiesa riceve il suo perfezionamento <<Ecclesiam perficit>>  Ad Gentes, n. 29, inquanto i fedeli vengono pienamente inseriti nel Corpo Mistico: <<plene per receptionem Corpori Christi inseruntur P.O, n. 5; cf. Lumen, n. 7>>.”[41]

Conclusione

Abbiamo visto che l’eucaristia è sacramento dell’unita della Chiesa, a partire dalla teologia paolina. Con a teologia di Giovanni abbiamo aggiunto che l’unità è un teme di redenzione: l’unità nasce dalla croce di Cristo. Per la Chiesa, dunque, che si nutre dell’eucaristia, il frutto sacramentale dell’unità coincide con il frutto della redenzione (…) L’eucaristia fa la Chiesa come corpo di Cristo e come unità, un’unità che è redenzione. L’unità, nella sua dimensione storica, non è altro che il modo visibile con cui si manifesta la redenzione nella Chiesa, la redenzione in mysterio. L’unità della Chiesa, nella sua dimensione storica, è qualcosa di visibile, di verificabile e di controllabile. Poiché l’unità è il frutto dell’eucaristia, tutte le nostre comunità hanno il modo di controllare la bontà e la fruttuosità della loro celebrazione eucaristica, prendendo in esame l’unità della loro Chiesa (…) Ogni domenica la Chiesa celebra l’eucaristia, sacramento dell’unità del corpo di Cristo, e ogni domenica i fedeli celebrano la loro appartenenza alla Chiesa o, meglio, al corpo di Cristo che è la Chiesa. Ci vuole un grande impegno pastorale per riuscire a celebrare l’eucaristia come sacramento dell’unità e, pertanto, è un dato irrinunciabile. Se porta a questo livello la celebrazione eucaristica, la Chiesa dà al mondo il suo contributo: con la sua testimonianza vissuta nel sacramento e nella vita, essa apre un cammino di unità per tutti gli uomini.[42] “In forza dello Spirito Santo che è eziologia della costituzione assembleare, coesivo della compagine ecclesiale, i fedeli prendono sempre più coscienza del loro essere Chiesa e del loro essere celebranti, ovvero l’assemblea, nel azione liturgica, si manifesta come realtà ecclesiale e come soggetto celebrante. Se è vero che l’assemblea è epifania della Chiesa, è vero anche che è nella Chiesa che i fedeli riscoprono lo specifico del loro essere assemblea celebrante, dal momento che la celebrazione di tutti i sacramenti, e in modo speciale dell’Eucaristia, avviene pro-ecclesia, in ecclesia, una cum-ecclesia, per ecclesiam; da ciò ne consegue che è dalla coscienza ecclesiale che deriva la coscienza celebrativa.”[43] “Questa sguardo liturgico-teologico sull’esperienza storica dell’antica Chiesa ispanica conferma quanto dicevamo in apertura sulla complementarità tra Chiesa ed Eucaristia, e viceversa: la Chiesa e l’Eucaristia si costruiscono insieme e reciprocamente. Ancor oggi, l’Eucaristia, celebrata dalla Chiesa, resta la miglior scuola per entrare sempre più profondamente nella comprensione del mistero di Cristo. In tale senso, non solo l’Eucaristia è per la vita cristiana un punto d’arrivo (culmen), ma essa costituisce, nello stesso tempo, un punto di partenza (fons) per realizzare il disegno del Padre, che vuole la salvezza di tutti gli uomini in Cristo Gesù.”[44] Dunque, “la stretta connessione tra eucaristia e Chiesa è uno dei dati più tranquilli della coscienza della fede cattolica; e tuttavia si presenta come un mistero difficile. Si tratta di una difficoltà un po’ strana, che non può essere tutta messa a caro dell’inesauribile vastità e profondità di un mistero così grande.”[45] “Fare l’Eucaristia in memoria di cristo, servo obbediente, sofferente  glorificato diventa gesto autentico e pieno solo per quelli che dalla celebrazione escono la chiara coscienza di esser inserti attivamente nella grande missione della Chiesa (ECC 45). Solo così ha significato e valore il congedo con cui si conclude la celebrazione eucaristica e dal quale ha preso la denominazione prevalante anche se meno significativa quella della Messa. Finisce infatti con la Messa la celebrazione nel rito e ha inizio la celebrazione in cui è impegnata tutta la vita. L’assemblea si scioglie solo per disperdere i partecipanti nelle strade del mondo affinché siano testimoni della morte e della risurrezione del Signore, annunciando agli altri la Parola ascoltata e fatta proprio, donando agli altri il dono dell’amore, della concordia e della  pace che si è ricevuta. Questa è l’esatta portata della missione della Chiesa: non si va a portare qualcosa di proprio, ma a comunicare ciò che si è ricevuto, con la forza dello Spirito che l’Eucaristia comunica attraverso il Corpo del Risorto (EEC 54). Ma ad una condizione: che si diventi ciò che si mangia e si viva ciò che si celebra. A questo condizione l’Eucaristia può dirsi effettivamente per ciascuno di noi compimento sempre dinamico e sempre nuovo della iniziazione cristiana.”[46]

BIBLIOGRAFIA

 

BARBA, M., L’Eucaristia fa la Chiesa nei riti d’ingresso, in Rivista di Scienze Religiose 11 (1997) 7-45.

 

BATTAGLIA, V., L’Eucaristia “Fa” la Chiesa  “corpo” e sposo di Cristo, in Ricerche Teologia, 15 (2004) 7-35

 

BETZ, J., L’eucarestia come mistero centrale, in AaVv., Mysterium Salutis VIII, Queriniana, Brescia 1978, 229-384.

 

BIFFI, G., Eucaristia, Chiesa e disegno pastorale, in La Rivista del Clero Italiano 64 (1983) 3-10.

 

BIFFI, G., Eucaristia, Chiesa e mondo, in Sacra Doctrina 42 (1997, 3-4) 9-55.

CITRINI, T., Eucaristia, Chiesa, missione, in La Rivista del Clero Italiano 64 (1983) p. 207-218.

 

COLOMBO, G., Ecclesis de Eucharistia: La lettera enciclica di Giovanni Paolo II, in Teologia 29 (2004) 404-417.

 

DE GIORGI, S., L’Eucaristia: vita e missione della Chiesa, in Monitor Ecclesiasticus 115 (1990) 143-166.

 

DE LUBAC, H., Meditazione sulla Chiesa, Jaca Book, Milano 1979.

 

FERRARO, G., “Ecclesia de Eucharistia vivit”. Aspetti della Lettera Encicliica di Giovanni Paolo II, in Ephremerides Liturgicae, 117 (2003) 287-307.

 

LA CIVILTÀ CATTOLICA, L’Eucaristia centro della Chiesa e cuore del mondo (Editoriale), in La Civiltà Cattolica 134 (1983, II) p. 209-220.

 

MARCHESI, G., L’Eucaristia mistero della fede e sorgente della vita della Chiesa in La Civiltà Cattolica 134 (1983, III) 246-254.

 

MARTINI, C. M., L’Eucaristia memoriale della Pasqua del Signore forma di vita della Chiesa, in La Civiltà Cattolica 133 (1982, II) 430-442.

 

MARTUCCELLI, P., L’eucaristia e la chiesa. Unità e santità della chiesa in prospettiva eucaristica, in Rassegna di Teologia 29 (1988) 20-36.

 

MAZZA, E., La Chiesa fa l’eucaristia e l’eucaristia fa la chiesa, in Rivista Liturgica 86 (1999) 393-400.

 

MIRALLES, A., L’Eucaristia fonte e culmine della comunione ecclesiale: Riflessioni attorno alla lettera Dominicae Cenae a cent’anni della sua pubblicazione, in Annales Theologici, 14 (2000) 129-252.

PIOLANTI, A., a cura di, Il mistero dell’altare nel pensiero e nella vita della chiesa, Desclée,  Roma 1975. pp. 599-628.

TEKLAK, C., L’Eucaristia nella comunione della chiese, in Antonianum 75 (2000) 621-652.

 

VAGAGGINI, C., La messa sacramento del sacrificio pasquale di Cristo e della Chiesa, in Rivista Liturgica 56 (1969) 179-193.

 

 



[1] DE GIORGI, S., L’Eucaristia: vita e missione della Chiesa, in Monitor Ecclesiasticus 115 (1990) p. 143.
[2] BARBA, M., L’Eucaristia fa la Chiesa nei riti d’ingresso, in Rivista di Scienze Religiose 11 (1997) p. 24.
[3] MAZZA, E., La Chiesa fa l’eucaristia e l’eucaristia fa la chiesa, in Rivista Liturgica 86 (1999) p. 393.
[4] BARBA, M., in Rivista di Scienze Religiose 11 (1997) pp. 7-8.
[5] BIFFI, G., Eucaristia, Chiesa e disegno pastorale, in La Rivista del Clero Italiano 64 (1983) p. 3.
[6] BETZ, J., L’eucarestia come mistero centrale, in AaVv., Mysterium Salutis VIII, Queriniana, Brescia 1978, p. 229.
[7] BATTAGLIA, V., L’Eucaristia Fa la Chiesa  corpo e sposo di Cristo, in Ricerche Teologia, 15 (2004) p. 8.
[8] DE LUBAC, H., Meditazione sulla Chiesa, Jaca Book, Milano 1979, p. 135.
[9] MAZZA, E., in Rivista Liturgica 86 (1999) pp. 395-396.
[10] BARBA, M., in Rivista di Scienze Religiose 11 (1997) pp. 9-10.
[11] BIFFI, G.,Eucaristia, Chiesa e mondo, in Sacra Doctrina 42 (1997, 3-4) p.  11.
[12] Ibidem, p. 12.
[13] BARBA, M., in Rivista di Scienze Religiose 11 (1997) pp. 10-11.
[14] BARBA, M., in Rivista di Scienze Religiose 11 (1997) p. 14.
[15] MAZZA, E., in Rivista Liturgica 86 (1999) p. 397.
[16] MIRALLES, A., L’Eucaristia fonte e culmine della comunione ecclesiale: Riflessioni attorno alla lettera Dominicae Cenae a cent’anni della sua pubblicazione, in Annales Theologici, 14 (2000) pp. 131-132.
[17] BARBA, M., in Rivista di Scienze Religiose 11 (1997) pp. 15-16.
[18] BARBA, M., in Rivista di Scienze Religiose 11 (1997) p. 21.
[19]MAZZA, E., in Rivista Liturgica 86 (1999) p. 398.
[20] Ibidem, p. 399.
[21]VAGAGGINI, C., La messa sacramento del sacrificio pasquale di Cristo e della Chiesa, in Rivista Liturgica 56 (1969) p. 191.
[22] BIFFI, G., Eucaristia, Chiesa e mondo, in Sacra Doctrina 42 (1997, 3-4) p. 12.
[23] MARCHESI, G., L’Eucaristia mistero della fede e sorgente della vita della Chiesa in La Civiltà Cattolica 134 (1983, III) p. 246.
[24] Ibidem, p. 247.
[25] Ibidem, p. 249.
[26] FERRARO, G., “Ecclesia de Eucharistia vivit”. Aspetti della Lettera Encicliica di Giovanni Paolo II, in Ephremerides Liturgicae, 117 (2003) p. 290.
[27] MIRALLES, A., in Annales Theologici, 14 (2000) pp. 130-131.
[28] DE GIORGI, S., L’Eucaristia: vita e missione della Chiesa, in Monitor Ecclesiasticus 115 (1990) p. 152.
[29] Ibidem, p.153.
[30] MARTINI, C. M., L’Eucaristia memoriale della Pasqua del Signore forma di vita della Chiesa, in La Civiltà Cattolica 133 (1982, II) p. 430.
[31] BIFFI, G., in La Rivista del Clero Italiano 64 (1983) pp. 3-4.
[32] VAGAGGINI, C., La messa sacramento del sacrificio pasquale di Cristo e della Chiesa, in Rivista Liturgica 56 (1969) p. 191.
[33] MARTUCCELLI, P., L’eucaristia e la chiesa. Unità e santità della chiesa in prospettiva eucaristica, in Rassegna di Teologia 29 (1988) p. 20.
[34] Ibidem, p. 29.
[35] COLOMBO, G., Ecclesis de Eucharistia: La lettera enciclica di Giovanni Paolo II, in Teologia 29 (2004) pp. 406-407.
[36] MIRALLES, A., in Annales Theologici, 14 (2000) p. 130.
[37] TEKLAK, C., L’Eucaristia nella comunione della chiese, in Antonianum 75 (2000) p. 634.
[38] Ibidem, p. 649.
[39] LA CIVILTÀ CATTOLICA, L’Eucaristia centro della Chiesa e cuore del mondo (Editoriale), in La Civiltà Cattolica 134 (1983, II) p. 212.
[40] CITRINI, T., Eucaristia, Chiesa, missione, in La Rivista del Clero Italiano 64 (1983) p. 218.
[41] PIOLANTI, A., a cura di, Il mistero dell’altare nel pensiero e nella vita della chiesa, Desclée,  Roma 1975, p.  600.
[42] MAZZA, E., in Rivista Liturgica 86 (1999) pp. 399-400.
[43] BARBA, M., in Rivista di Scienze Religiose 11 (1997) p. 25.
[44] MARCHESI, G., L’Eucaristia mistero della fede e sorgente della vita della Chiesa in La Civiltà Cattolica 134 (1983, III) p. 254.
[45] CITRINI, T., Eucaristia, Chiesa, missione, in La Rivista del Clero Italiano 64 (1983) p. 207.
[46] DE GIORGI, S., L’Eucaristia: vita e missione della Chiesa, in Monitor Ecclesiasticus 115 (1990) pp. 165-166.
 
 

No comments:

Post a Comment